Pedala Enzino pedala

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“Pedala, Enzino” mi ripeto, “pedala e non avere pensieri.”
Pedala e lotta, sopravvivi, lotta per sopravvivere.
Pedala, pedala, pedala. Pedala, Enzino, e ogni tanto ricordati di bere. Pedala, Enzino, e ogni tanto ricordati di mangiare.
Pedala, Enzino, e ogni tanto pulisciti gli occhiali.
Pedala, Enzino, e non perdere mai di vista la strada. Pedala, Enzino, e cerca sempre la migliore traiettoria, la migliore ruota, la migliore linea.
Pedala, e pedala sempre come se tu fossi una parte della bicicletta, il motore, ma anche l’anima, o come se la bicicletta fosse una parte di te, le gambe, le braccia, gli occhi, anche le ali.
Pedala, Enzino, e senti quello che ti dice il corpo. Pedala, Enzino, e ascolta se il pedalare non è musica, un ritmo, un’andatura, un’armonia, una canzone.
Pedala, Enzino, come quando eri piccolo, la prima volta che andasti oltre lo Stretto, a gareggiare con i ragazzi di Reggio Calabria e Catanzaro, della Basilicata e di Taranto, tutti insieme, in macchina, il papà e la mamma, Carmen e Antonio, tanto che sulla Uno non ci stavamo più e allora il Lupo fu costretto a comperare la Marea, e nel mangianastri c’era una cassetta con la radiocronaca di una vittoria di Francesco Moser finché, a forza di sentirla e risentirla, il nastro si aggrovigliò e non ci fu rimedio.
Pedala, Enzino, come quando stavi davanti alla tv a vedere il tuo eroe, Marco Pantani, che si trasformava nel Pirata, e in salita si toglieva la bandana e come dichiarazione di sfida, e come annuncio di attacco, la gettava sulla strada, come un torero che getta via la muleta, il drappo rosso che ipnotizza il toro.

[Estratto dal libro: La Quinta Tappa – di Vincenzo Nibali e Marco Pastonesi – Ed. Rizzoli Lizard]

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