Il Pirata

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“Chi gli ha voluto bene e sono in tanti se lo ricorderà così, con quella sua voglia di vivere, di vincere, di credere all’impossibile e di realizzarlo. Di correre oltre la forza di gravità, di sfidarla come nessuno, di aprirsi la strada in mezzo a mille tifosi lì solo per lui magari da ore se non dal giorno prima giusto per vederlo passare anche solo un secondo, per dedicargli un applauso, per urlargli un “Dai Marco!”. Di lui ci rimane il mito, le vittorie straordinarie che ha saputo conquistare, Alpe d’Huez il regno degli scalatori poi il Giro d’Italia, il Tour de France. Pantani vinceva a modo suo in modo diverso, unico, aveva fantasia, coraggio, amore per l’impresa, ti faceva battere il cuore ti coinvolgeva e ti lasciava spesso con le lacrime agli occhi perché sapevi che ogni volta la sua capacità di osare e di soffrire l’avrebbe portato a realizzare ciò che nessuno credeva possibile. L’hanno buttato per terra mille volte con la sua bici, quella sfortuna sembrava seguirlo ovunque dietro ogni curva, gli hanno spezzato una gamba che ci voleva un ferro lungo più di trenta centimetri per tenerla insieme, eppure ogni volta lui ti insegnava che ci si può rialzare se ci credi veramente, nulla ti può fermare, ogni volta puoi tornare a correre più forte di prima. E’ per questo che la gente lo amava, lui ti faceva sognare, anche quando era fuori dalle corse riusciva a trovare il modo di sorridere, scherzare, cantare, come quel giro che iniziava ogni giorno con la sigla interpretata da lui che in corsa non ci poteva essere per le fratture alla gamba. Corridore, personaggio, tenace sulla bici e fragile nell’animo, durissimo con se stesso e generoso con gli altri. Tutti lo chiamavano il Pirata per quella sua bandana che gettava al vento come gesto di sfida prima dell’attacco. I francesi ce lo invidiavano, avrebbero fatto carte false per averlo uno così, ma lui era romagnolo e si vedeva, lui era il Pirata e il suo cuore batteva forte là in alto dove la terra si avvicina al cielo, prima di volarci dentro e lasciarci qui a guardarlo un po’ più soli a pensare con un dolore forte nello stomaco, quanto ci mancherà”.

[Davide De Zan – giornalista e scrittore italiano]

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